Un antica battaglia: il Tribunale dei brevetti

Tribunale dei brevetti, allarme rosso Due sedi e Milano per ora non c’è

Parigi e Monaco di Baviera si spartiscono le deleghe di Londra. Sala: il Governo Meloni non perda tempo

Il proverbio “non c’è due senza tre’’ stavolta potrebbe non realizzarsi e per Milano sarebbe un problema. Il Tribunale unificato dei brevetti dell’Unione Europea (Tub) inizierà ad operare il 1° aprile 2023 con due sedi, a Parigi e a Monaco di Baviera: le due metropoli si spartiranno anche le deleghe che erano state inizialmente destinate a Londra, prima che la Brexit facesse uscire di scena la capitale inglese dalle istituzioni comunitarie. Nel settembre 2020 l’Italia ha candidato Milano per sostituire Londra e ospitare la terza Corte centrale della Tub, quella per le cause farmaceutiche, ma questa delega per ora sarà ripartita nelle altre due sedi francese e tedesca.

Il problema sta in quel “per ora”. Sì, perché una volta avviati i lavori del Tribunale europeo dei brevetti aggiungere una terza sede sarà ancora più complicato. Il Governo Meloni deve ancora analizzare il dossier Tub. Il sindaco Giuseppe Sala, intanto, non si scompone più di tanto per la partenza del nuovo tribunale nelle sedi di Parigi e Monaco (“Era un po’ scontata questa decisione, non è una novità”), ma subito dopo ammonisce: “Non deve succedere che riparta la negoziazione tra gli Stati, perché da quello che mi risulta anche grazie all’opera dell’allora premier Mario Draghi c’era un sostanziale accordo nel portare la terza sede a Milano. Ora aspetterò qualche giorno per dare ai due ministri Antonio Tajani (Esteri) e Carlo Nordio (Giustizia) il tempo per assestarsi ma su questo tema non possiamo perdere tempo. Di fatto bisogna evitare che ci sia una nuova negoziazione e bisogna che il comitato unitario decida quando fare questo tipo di passaggio”. Il primo cittadino milanese punta sulla sede del Tribunale europeo dei brevetti per rifarsi della bruciante sconfitta di Milano contro Amsterdam sulla sede dell’Agenzia europea per i medicinali (in inglese: European Medicines Agency, acronimo di Ema) e invita il nuovo Governo a “non perdere tempo” sul Tub. Il primo a lanciare l’allarme sulla sede milanese del tribunale comunitario, però, ieri, una volta appreso che le Corti nelle sedi francese e inglese inizieranno ad operare il prossimo 1° aprile, è stato il leghista Curzio Trezzani, presidente della Commissione Cultura e Sport della Regione Lombardia: “Sul Tribunale europeo dei brevetti bisogna fare presto, Milano è dal 2020 che aspetta la decisione per poterne ospitare la sede. Nel frattempo, le deleghe della terza Corte sono state ripartite fra Parigi e Monaco, non vorremmo che questa assegnazione provvisoria poi diventi, magicamente, definitiva, escludendo Milano da questa grande opportunità. La Lombardia è la regione in cui più si concentra la capacità innovativa italiana, in testa alle altre regioni italiane. È un riconoscimento più che giusto e sulla quale la Lega darà battaglia e presterà la massima attenzione”.

Massimiliano Mingoia | ilgiorno.it | 27.10.2022

1 commento

  • A Milano la sede del Tribunale europeo
    Il Paese non può perdere la partita sui brevetti

    Quando si trattò di assegnare, cinque anni fa, la nuova sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, l’Italia venne tradita dalla Spagna che votò per Amsterdam. E dalla Germania che puntò su Bratislava. La Slovacchia poi si astenne determinando il successo della proposta olandese. L’allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni – oggi commissario europeo agli Affari Economici – rimase sorpreso e amareggiato.
    Ma alla riunione decisiva di Bruxelles, l’Italia si presentò solo con il sottosegretario alle Politiche europee, Sandro Gozi. Il sindaco di Milano mandò il proprio capo di gabinetto, Mario Vanni. Rimasero entrambi sull’uscio, esclusi dall’ultimo round di colloqui. Forse si pensava di avere già in tasca la vittoria.
    Gli altri Paesi europei, più interessati a ospitare le sedi delle istituzioni comunitarie coinvolte dal ciclone della Brexit (tra cui l’Ema, l’Autorità bancaria), schierarono invece i loro ministri in carica. Espressero un peso politico specifico maggiore. Ci tenevano di più, o perlomeno erano meglio organizzati. La distrazione costò all’Italia e a Milano una sconfitta bruciante e inaspettata.
    Chissà che cosa sarebbe accaduto poi, con la pandemia, scoppiata nel febbraio del 2020, se l’Agenzia avesse preso possesso della sede milanese prescelta, quella del Pirellone. L’Ema si sarebbe trovata a decidere e operare proprio nella parte d’Europa più colpita dal virus e, per giunta, nei locali affittati dalla Regione, inizialmente sotto accusa per la gestione dell’emergenza Covid. Questo non avrebbe mutato indirizzo e scelte dell’Ema, ma di certo i dipendenti (già orientati verso Amsterdam) non sarebbero stati particolarmente contenti del trasferimento. Acqua passata. Ora però, una non piccola e significativa rivincita italiana è possibile. Una delle sedi del tribunale unificato dei brevetti (Tub)- istituito dall’accordo internazionale del patent package del 2013 era Londra e Milano ha tutte le carte in regola per poterla ottenere. Ergendosi allo stesso livello degli altri due fori europei competenti previsti dall’accordo, Parigi e Monaco. Ovvero due città dei Paesi più importanti dell’Unione europea con i quali Giorgia Meloni dovrà trovare, pur nelle differenze politiche, una sintonia o mostrare qualche prova di forza. Un riconoscimento all’Italia, terza potenza europea – e a maggior ragione ottenuto da un governo a trazione sovranista – avrebbe un significato simbolico che va aldilà della stretta materia del diritto industriale e delle controversie in materia di brevetti. Sono settimane, persino giorni decisivi.
    La posizione italiana, difesa con impegno dal governo Draghi e, in particolare, dal sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, rischia però di essere oggettivamente indebolita dal passaggio di consegne con l’esecutivo Meloni che sarà stato certamente uno dei più veloci della storia repubblicana, ma l’esame dei tanti dossier non può essere né semplice né immediato. E si sbaglierebbe di grosso se si ritenesse la pratica relativa al Tribunale unificato dei brevetti una questione troppo tecnica, specialistica e, di conseguenza, secondaria. «L’Italia è tra i firmatari del patent package – spiega luri Maria Prado, presidente della Camera avvocati industrialisti – un sistema misto, internazionale e comunitario che istituisce una tutela brevettuale europea con effetto unitario e una giurisdizione unificata costituita da un tribunale centrale con tre sezioni, la principale a Parigi. Milano è la più titolata a subentrare a Londra, a fianco di Monaco. Le sedi, all’epoca, vennero decise seguendo la classifica dei brevetti europei che vedeva e vede ai primi posti Germania, Francia e Regno Unito. E al quarto c’è l’Italia».
    Dunque, uscito il Regno Unito, il posto spetterebbe di diritto all’Italia. Questa è la tesi portata avanti da Della Vedova. Non è e non dovrebbe essere una questione soggetta a trattativa. Mattarella ne ha fatto cenno, durante i suoi incontri, al presidente francese Emmanuel Macron. Ma è il momento di esercitare la massima pressione.

    La sede

    A Milano, come peraltro era accaduto ai tempi della scelta dell’Ema, la sede ci sarebbe già: via San Barnaba, nella cittadella giudiziaria. Un comitato tecnico presieduto dall’ex presidente della Corte d’Appello milanese, Marina Tavassi, ha esaminato a lungo tutti gli aspetti legati alla nuova giurisdizione. La ministra della Giustizia uscente, Marta Cartabia, ha dato tutto il suo necessario appoggio. E il dossier è certamente all’esame del suo successore Carlo Nordio. Ma la delega di Della Vedova deve essere passata al suo successore senza ulteriori indugi. Anzi, sarebbe opportuno che fosse lo stesso nuovo ministro degli Esteri, Antonio Tajani – la cui esperienza europea è indiscussa – a intestarsi in prima persona una battaglia di principio che misurerà da subito l’autorevolezza europea del nuovo esecutivo.
    Vincerla potrebbe costituire addirittura un buon viatico per un Paese, pardon nazione, che – come ha detto alle Camere la premier Giorgia Meloni – vuole difendere in Europa, con maggiore determinazione, i propri interessi. Perderla sarebbe una sconfitta ancora più grave di quella che sopporterebbe un esecutivo politicamente più allineato a Bruxelles. Il tribunale unificato dei brevetti diventerà pienamente operativo il primo aprile del 2023. Se non si vorrà perdere questa ulteriore occasione e nemmeno rischiare di ottenere una sede del tutto secondaria con competenze minori rispetto a quelle sulla carta – lasciando spazio peraltro a tedeschi e francesi – non si può perdere assolutamente tempo, come sostiene l’Assolombarda, presieduta da Alessandro Spada.
    La caduta del governo Draghi ha sollevato altri appetiti tra i partner europei con, ancora una volta, gli olandesi (che già godono purtroppo della scelta legale e fiscale di molti gruppi italiani) in prima fila. «Tra le deleghe inglesi che passerebbero all’Italia – spiega Fabrizio Grillo, direttore dei rapporti istituzionali del gruppo Bracco – c’è anche la competenza su tutte le dispute brevettuali che riguardano la farmaceutica e la chimica, due delle filiere più importanti del made in Italy, ma non solo, avere in Italia una sede giurisdizionale così importante è un motivo di attrazione maggiore per gli investimenti esteri». «Le istituzioni e le organizzazioni professionali d’impresa – aggiunge Prado – non sono ancora perfettamente consapevoli dell’importanza di avere in Italia un tribunale dei brevetti con rango internazionale. Proprio nel Paese che ne potrebbe fare molti di più e nel quale i nostri ricercatori e le nostre imprese spesso sono costretti ad andare all’estero per sviluppare e proteggere idee, prodotti e marchi. Quanti dei nostri imprenditori sanno che potrebbero essere giudicati e condannati da una ordinanza scritta in tedesco? O che il provvedimento di un giudice francese potrebbe indicarli come contraffattori, vietare loro di vendere in altri Paesi o bloccare i loro conti correnti?».
    Ferruccio de Bortoli | L’Economia (Corriere della Sera) | 31.10.2022

Lascia un commento

0:00
0:00