Europa e oltre

Uganda. Sacrifici umani per essere più ricchi.

Sacrifici umani per mantenere posizioni sociali, o sul lavoro, o ancora nel governo oppure per essere più ricchi

La sola espressione “sacrifici umani”, rievoca spettri di un passato ancestrale e abitudini disumane, lontane nel tempo e nello spazio. Invece accade ancora oggi, in paesi come l’Uganda dove, secondo i dati forniti dalla polizia, nel solo 2013 ci sono stati almeno 10 casi di morti sospette, soprattutto di bambini, riconducibili a possibili sacrifici umani compiuti dagli stregoni locali. Kanani ha 11 anni ed è un sopravvissuto e mostra sul collo ancora i segni della violenza. La sua sorellina di 8 anni non è stata altrettanto fortunata. “L’unica cosa che ricordo è che stavamo giocando insieme” – racconta. Il piccolo è stato ferito e lasciato a morire mentre il corpo della sorellina è stato mutilato e i suoi organi, il sangue e gli arti sono stati raccolti come offerte del rituale. Da quel momento il ragazzino vive una vita fatta di paure e diffidenze. “I più interessati da queste pratiche sono proprio i bambini – spiega Shelin, membro di una Ong che si occupa di questi casi – loro camminano per strada, giocano, vanno a scuola o a prendere l’acqua e sono facili prede degli stregoni. Per questo vengono uccisi più bambini che adulti”.

La stregoneria, da queste parti, non è una credenza delle classi più povere e meno colte, secondo gli operatori della task force ugandese contro i sacrifici umani, infatti, è una pratica diffusa anche tra le classi sociali più elevate. “Sospettiamo che siano coinvolti anche politici di alto livello – dice il vice capo della task force, Moses Binoga – è uno stato mentale. Credono che i sacrifici umani siano necessari per mantenere le loro posizioni sociali, o sul lavoro, o ancora nel governo oppure per essere più ricchi”.

La pratica dei sacrifici umani è talmente diffusa che spesso gli stregoni-assassini riescono a farla franca senza troppi problemi. L’uomo che ha aggredito Kanani e la sorellina ha distrutto una famiglia eppure è stato condannato solo per aver attaccato il ragazzino ma non per la morte della bimba, nonostante le richieste del papà che ha chiesto la pena capitale, come esempio per tutti gli altri.

Askanews | 15.06.2015

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