John R.R. Tolkien, l’autore de “Il signore degli anelli”, nel 1932 sull’esperanto:
Come credo ogni filologo dovrebbe fare, io da “filologo” mi sono interessato al movimento per una lingua internazionale, fenomeno linguisticamente rilevante e provo una particolare simpatia per la proposta “Esperanto”. Io non sono stato un Esperantista attivo come, a ben pensarci, dovrebbe essere (almeno un po’) ogni studioso di linguistica. Attualmente l’Esperanto non lo so né leggere né parlare. Lo conosco, da filologo, in quanto 25 anni fa imparai ( e nel frattempo non le ho dimenticate) la sua Grammatica e la sua struttura e, per un buon periodo di tempo, ne lessi una quantità di opere. Per cui, intendèndomene un po’ di queste faccende, mi considero capace di pesarne pregi e difetti.
Allo stato dei fatti, io non posso dare un utile contributo se non da filologo e da … critico. Ma è appunto una percezione mia, circa la situazione della lingua internazionale, che un tale tipo di contributo sia magari utile in teoria, ma in pratica non auspicabile, nel senso che siamo in un’epoca in cui un filologo teorizzante è, più che altro, di ostacolo e di freno. Il mio più forte incentivo a sostenere l’Esperanto è questo: tutto sommato non vi è dubbio che l’Esperanto mi si presenta superiore a tutti i concorrenti; ma il massimo “atout” che possiede (per ambire al nostro appoggio) mi sembra il fatto che già occupa una posizione preminente, vale a dire ha già raggiunto la massima estensione in termini di comune consenso ed ha sviluppato la struttura organizzativa più evoluta. Si trova quasi nella posizione di una Chiesa “consolidata”, con una sua ben definita struttura, che deve vedèrsela non solo con dei non-credenti, ma anche con eretici e scismatici nel proprio stesso seno. Tutte cose che il “filologo” aveva comunque previsto. Tuttavia, per non parlare del minimo indispensabile di semplicità, di internazionalità e, aggiungerei, di personalità ed eufonìa – requisiti di base che l’Esperanto sicuramente raggiunge (anzi supera !), mi sembra evidente che il problema più importante da risolvere, in assoluto, per una lingua che aspira all’“internazionalità” sia la diffusione planetaria. Persino uno strumento imperfetto, ma con possibilità di raggiungere tale traguardo, ne vale più di altri cento teoricamente impeccabili. Si sa che, in fatto di lingue, non c’è mai fine all’inventiva ed alle variazioni di gusto. La “bellezza” di un nuovo dettaglio inventato conta relativamente poco, rispetto al “minimo essenziale” veramente indispensabile. E i teorici e gli instancabili “perfezionatori” (nella cui confraternita sarei felice inserirmi) non fanno che intralciare il procedere dell’iniziativa, se pretendono di raggiungere “prima” l’unanimità dei consensi sulla soluzione … “super-perfetta”.
In realtà, a me sembra che il miglioramento tecnico della struttura, sia per una maggiore semplicità e trasparenza, sia per una maggiore “internazionalità” o altro qualsivoglia scopo, rischi di distruggere (se alcuni fatti recenti posson facilitare un giudizio) l’aspetto “estetico” ed “umano” del linguaggio inventato. Questo punto, che sembra poco importante, è largamente trascurato dai teorici, mentre – secondo me – non è affatto secondario e, in fin dei conti, avrà un influsso determinante sul punto essenziale: quello dell’accettazione planetaria. Faccio un esempio! La lingua
“N-xxx” è progettata in modo superlativo! Dell’Esperanto è senz’altro più semplice, però è …. brutta : si potrebbe etichettarla “prodotto industriale” o, meglio ancora, “fatta con pezzi di ricambio”. Per cui vi manca totalmente quel sapore di originalità, coerenza e bellezza che si irradia dalle grandi lingue nazionali e che, sicuramente, in misura considerevole (probabilmente la più alta realizzabile in una lingua “pianificata”) si manifesta nell’Esperanto, a testimonianza che il suo inventore
era un … Genio !
Il mio consiglio a chi abbia tempo e volontà di mettersi in “movimento” verso una lingua “internazionale” è questo: “Sostieni lealmente l’Esperanto !”.
[addsig]
John R.R. Tolkien, l’autore de “Il signore degli anelli”, nel 1932 sull’esperanto:
Come credo ogni filologo dovrebbe fare, io da “filologo” mi sono interessato al movimento per una lingua internazionale, fenomeno linguisticamente rilevante e provo una particolare simpatia per la proposta “Esperanto”. Io non sono stato un Esperantista attivo come, a ben pensarci, dovrebbe essere (almeno un po’) ogni studioso di linguistica. Attualmente l’Esperanto non lo so né leggere né parlare. Lo conosco, da filologo, in quanto 25 anni fa imparai ( e nel frattempo non le ho dimenticate) la sua Grammatica e la sua struttura e, per un buon periodo di tempo, ne lessi una quantità di opere. Per cui, intendèndomene un po’ di queste faccende, mi considero capace di pesarne pregi e difetti.
Allo stato dei fatti, io non posso dare un utile contributo se non da filologo e da … critico. Ma è appunto una percezione mia, circa la situazione della lingua internazionale, che un tale tipo di contributo sia magari utile in teoria, ma in pratica non auspicabile, nel senso che siamo in un’epoca in cui un filologo teorizzante è, più che altro, di ostacolo e di freno. Il mio più forte incentivo a sostenere l’Esperanto è questo: tutto sommato non vi è dubbio che l’Esperanto mi si presenta superiore a tutti i concorrenti; ma il massimo “atout” che possiede (per ambire al nostro appoggio) mi sembra il fatto che già occupa una posizione preminente, vale a dire ha già raggiunto la massima estensione in termini di comune consenso ed ha sviluppato la struttura organizzativa più evoluta. Si trova quasi nella posizione di una Chiesa “consolidata”, con una sua ben definita struttura, che deve vedèrsela non solo con dei non-credenti, ma anche con eretici e scismatici nel proprio stesso seno. Tutte cose che il “filologo” aveva comunque previsto. Tuttavia, per non parlare del minimo indispensabile di semplicità, di internazionalità e, aggiungerei, di personalità ed eufonìa – requisiti di base che l’Esperanto sicuramente raggiunge (anzi supera !), mi sembra evidente che il problema più importante da risolvere, in assoluto, per una lingua che aspira all’“internazionalità” sia la diffusione planetaria. Persino uno strumento imperfetto, ma con possibilità di raggiungere tale traguardo, ne vale più di altri cento teoricamente impeccabili. Si sa che, in fatto di lingue, non c’è mai fine all’inventiva ed alle variazioni di gusto. La “bellezza” di un nuovo dettaglio inventato conta relativamente poco, rispetto al “minimo essenziale” veramente indispensabile. E i teorici e gli instancabili “perfezionatori” (nella cui confraternita sarei felice inserirmi) non fanno che intralciare il procedere dell’iniziativa, se pretendono di raggiungere “prima” l’unanimità dei consensi sulla soluzione … “super-perfetta”.
In realtà, a me sembra che il miglioramento tecnico della struttura, sia per una maggiore semplicità e trasparenza, sia per una maggiore “internazionalità” o altro qualsivoglia scopo, rischi di distruggere (se alcuni fatti recenti posson facilitare un giudizio) l’aspetto “estetico” ed “umano” del linguaggio inventato. Questo punto, che sembra poco importante, è largamente trascurato dai teorici, mentre – secondo me – non è affatto secondario e, in fin dei conti, avrà un influsso determinante sul punto essenziale: quello dell’accettazione planetaria. Faccio un esempio! La lingua
“N-xxx” è progettata in modo superlativo! Dell’Esperanto è senz’altro più semplice, però è …. brutta : si potrebbe etichettarla “prodotto industriale” o, meglio ancora, “fatta con pezzi di ricambio”. Per cui vi manca totalmente quel sapore di originalità, coerenza e bellezza che si irradia dalle grandi lingue nazionali e che, sicuramente, in misura considerevole (probabilmente la più alta realizzabile in una lingua “pianificata”) si manifesta nell’Esperanto, a testimonianza che il suo inventore
era un … Genio !
Il mio consiglio a chi abbia tempo e volontà di mettersi in “movimento” verso una lingua “internazionale” è questo: “Sostieni lealmente l’Esperanto !”.
[addsig]