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Radio Radicale fa fuori il decano non allineato su Covid e guerra

Radio Radicale silura lo speaker «scomodo»

La storica testata (che incassa fondi pubblici dallo Stato) ha soppresso la trasmissione del giornalista Giorgio Kadmo Pagano poco prima di affrontare il tema dell’obbligo vaccinale. Il conduttore: «L’emittente non era a favore della libertà di pensiero?»

«Collaboro con Radio Radicale dal 1976, andavo in onda dopo Marco Pannella, ma ormai mi sembra che qui di radicale non ci sia più niente». Giorgio Kadmo Pagano guida da anni l’associazione Era. E, o meglio è stato, una voce storica dell’emittente radicale, con una presenza settimanale al microfono. Si definisce un decano e non ha tutti  i torti. Ma la sua trasmissione intitolata Translimen è stata chiusa in modo abbastanza inconsueto.

A darne notizia è stata la casa editrice Arianna, che ha pubblicato Sospesa, libro di grande successo firmato da Raffaella Regoli di Fuori dal coro. «Come forse alcuni di voi già sapranno», si legge sulla pagina Facebook dell’editore, «il 4 febbraio 2024 sarebbe dovuta andare in onda su Radio Radicale la puntata di Translimen in cui veniva intervistata Raffaella Regoli sull’obbligo vaccinale considerato illegittimo e in violazione dei diritti dell’uomo e sul golpe globale sanitario a cui sta lavorando l’Oms. La trasmissione non è stata mandata in onda e alla richiesta di spiegazioni da parte dello storico conduttore Giorgio Kadmo Pagano ne è stata comunicata la chiusura».

Sentito dalla Verità, lo speaker conferma questa versione dei fatti. La puntata con l’intervista alla Regoli, già registrata, non è mai stata trasmessa. «Ho chiesto spiegazioni», spiega Giorgio Kadmo Pagano, «e dopo due giorni mi arriva una Pec dalla direttrice in cui mi si dice che non ci sarà più la rubrica che ho tenuto per anni. Certo, qualche volta lo spazio è cambiato, è stato mutato l’orario, ma ho avuto questa rubrica per decenni. Anche perché io non sono soltanto una figura giornalistica, mi sono occupato per anni di una associazione di area radicale… Da quel che capisco si sono voluti privare di una voce libera e di un collaboratore storico, anche perché a Radio Radicale non è che ci siano voci più antiche delle mie… Per altro sono tra la figure che non stanno nel libro paga, dunque a maggior ragione mi sembra una scelta incredibile».

A quanto sembra, i rapporti del conduttore con l’emittente erano in corso di deterioramento già da un po’, più o meno dall’inizio della pandemia, quando Giorgio Kadmo ha iniziato a mostrare un atteggiamento critico sulle scelte governative. «E evidente che eravamo di fronte a una dimensione di terrorismo sanitario incredibile, in cui la popolazione veniva trattata come sappiamo», commenta oggi lo speaker. A suo dire, da lì sono iniziati i guai. Anche perché la sua critica non si è fermata al Covid, ma si è allargata anche al modo in cui è stata affrontata la guerra in Ucraina.

Prima che la puntata andasse in onda», dice, «veniva trasmesso un annuncio, il quale in sostanza comunicava che la trasmissione non rispecchiava la linea editoriale di Radio  Radicale. Ecco, a me risultava che il motto fosse “Conoscere per deliberare”, quello che è scritto sotto la testata della radio. Ma a quanto pare mi sbagliavo».

In effetti il fatto che un collaboratore venga messo a tacere in questo modo appare parecchio discutibile, anche perché il mondo radicale ha sempre puntato molto sulla libertà totale di pensiero e di espressione. Ma qui emerge una delle più potenti contraddizioni esplose con il covid: coloro che sono pronti a pretendere libertà assoluta di gestione del corpo quando si tratta di eutanasia e aborto, non appena si passa a parlare di vaccino mostrano un po’ troppe titubanze e sono pronti e sono pronti ad accettare restrizioni e discriminazioni. lo stesso vale per la circolazione delle opinioni: sono tutte ammesse a patto che non disturbino il manovratore

Abbiamo provato a rivolgerci all’emittente per chiedere spiegazioni sulla linea, la chiusura di Translimen e l’interruzione della collaborazione con Giorgio Kadmo , ma non abbiamo ottenuto risposta. resta chiaro: il direttore di una testa fa quello che vuole, e ha diritto di decidere in autonomia se un collaboratore debba o meno rimanere tale. in questa vicenda ci sono di mezzo questioni di coerenza e non solo. Come noto infatti, Radio radicale riceve un bel po’di soldi pubblici. Secondo un bel po’ di calcoli, dal 1990 avrebbe ricevuto oltre 300 milioni di euro. alcuni di questi denari arrivano ad una convenzione (risalente addirittura al 1994) fra l’emittente e le istituzioni per la trasmissione delle sedute del Parlamento. Nel 2019 ci fu un lungo dibattito pubblico sull’opportunità di interrompere i rapporti, ma alla fine la radio fu salvata e risulta che anche di recente le convenzioni siano state riconfermate. Sarebbe interessante sapere dalla viva voce dei responsabili dell’emittente se le scelte editoriali siano in qualche modo state condizionate da questa condizione di dipendenza dalle casse pubbliche.

Per chi scrive, vale la pena di specificarlo, non è affatto un problema che lo Stato spende per garantire la pluralità dell’informazione, anzi. Ma questa pluralità deve essere realmente garantita, altrimenti il sostegno statale diviene finanziamento alla propaganda e nient’altro.

Francesco Borgonovo | La Verità | 03.04.2024

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