La Stampaweb: MIGLIAIA DI IDIOMI IN VIA DI ESTINZIONE RIVIVONO NELLA GRANDE RAGNATELA

MIGLIAIA DI IDIOMI IN VIA DI ESTINZIONE RIVIVONO NELLA GRANDE RAGNATELA

Internet sta diventando l’Arca

di tutte le lingue da salvare

La Stampaweb

15 luglio 2003

di Fabio Sindici

Milioni di parole. E grammatiche, modi di dire, punteggiature, accenti, suoni: perduti, o che stanno per perdersi, ed essere dimenticati.

Sono mille le lingue in via di estinzione che il Rosetta Project dell’americana Long Now Foundation ha compresso in un dischetto di pochi centimetri di diametro ma di estrema longevità. I linguisti di Rosetta hanno poi riposto in una sfera infrangibile dal design high-tech, la memoria delle lingue a rischio. «E’ una forma simbolica» dice Jim Mason, direttore del progetto. «Speriamo che la carica immaginativa di avere mille linguaggi in un singolo oggetto, esteticamente suggestivo, possa attirare l’attenzione sulla tragedia di lingue che stanno scomparendo».

Vocabolo dopo vocabolo, dal gondi, parlato dai superstiti del popolo dravidico nelle foreste dell’India, all’aukan, miscuglio creolo con reminiscenze francesi del Suriname, l’archivio sta andando su Internet.

L’ambizione dei ricercatori, sostenuti dalla prestigiosa Stanford University, è creare una stele di Rosetta con il moltiplicatore. Come è noto, la celebre iscrizione in greco antico, egiziano demotico e egiziano geroglifico, trovata da Jean-Francois Champollion, archeologo al seguito delle armate napoleoniche, ha inaugurato l’egittologia. In un futuro più o meno lontano, gli studiosi potrebbero ricostruire grazie al dischetto della fondazione Long Now, gli identikit di popoli svaniti nelle accelerazioni della storia.

Ma già oggi, navigando sul sito del Rosetta Project, si ha la sensazione di muoversi su mappe dei secoli scorsi. Alcune lingue dell’archivio telematico sono parlate da poche decine di individui. La banca dati ha messo online i primi capitoli della Genesi tradotta mille volte nelle lingue morenti, ma ha anche trascritto miti, apologhi, fiabe di popoli tribali.

Internet sta diventando l’arca delle lingue da salvare. Con una ricerca su Google ci si imbatte in decine di siti, spesso sostenuti da grandi fondazioni scientifiche e da organizzazioni internazionali.

Sulle pagine elettroniche della Foundation for Endangered Languages si trova già il programma della conferenza internazionale su lingue e popoli a perdere che si terrà a Broome, nell’Australia occidentale nel settembre del 2003.

Sempre sulla rete, all’indirizzo dello Endangered Languages Fund della Yale University, la home page è occupata da un monito: meno della metà delle circa 6 mila lingue oggi parlate sul pianeta sopravviverà nel prossimo secolo. L’Unesco ha lanciato l’allarme. E ha compilato un libro rosso delle lingue a rischio di estinzione, con la collaborazione del Wwf, come succede per le tigri siberiane o i panda cinesi.

Sul web, l’organizzazione mondiale della cultura ha messo l’elenco dei vocabolari pericolanti, con mappe, gruppi linguistici di appartenenza, numero degli adulti e dei bambini che sono rimasti a scrivere e conversare in queste archeo-lingue.

Ethnologue è un vero motore di ricerca. Il suo campo di esplorazione digital-lessicale include 6700 tra dialetti e lingue in 228 paesi.

La torre di Babele internettiana è più ordinata di quella biblica. Ma non ci sono solo elenchi, vocabolari e sintassi. Alcuni siti come Sil International e Terralingua promuovono ricerche sul campo e progetti di alfabetizzazione di popoli che stanno perdendo la conoscenza del loro linguaggio. Ora, con uno scarto del mouse, possono ritrovare le loro parole perdute.

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  • MIGLIAIA DI IDIOMI IN VIA DI ESTINZIONE RIVIVONO NELLA GRANDE RAGNATELA

    Internet sta diventando l’Arca

    di tutte le lingue da salvare

    La Stampaweb

    15 luglio 2003

    di Fabio Sindici

    Milioni di parole. E grammatiche, modi di dire, punteggiature, accenti, suoni: perduti, o che stanno per perdersi, ed essere dimenticati.

    Sono mille le lingue in via di estinzione che il Rosetta Project dell’americana Long Now Foundation ha compresso in un dischetto di pochi centimetri di diametro ma di estrema longevità. I linguisti di Rosetta hanno poi riposto in una sfera infrangibile dal design high-tech, la memoria delle lingue a rischio. «E’ una forma simbolica» dice Jim Mason, direttore del progetto. «Speriamo che la carica immaginativa di avere mille linguaggi in un singolo oggetto, esteticamente suggestivo, possa attirare l’attenzione sulla tragedia di lingue che stanno scomparendo».

    Vocabolo dopo vocabolo, dal gondi, parlato dai superstiti del popolo dravidico nelle foreste dell’India, all’aukan, miscuglio creolo con reminiscenze francesi del Suriname, l’archivio sta andando su Internet.

    L’ambizione dei ricercatori, sostenuti dalla prestigiosa Stanford University, è creare una stele di Rosetta con il moltiplicatore. Come è noto, la celebre iscrizione in greco antico, egiziano demotico e egiziano geroglifico, trovata da Jean-Francois Champollion, archeologo al seguito delle armate napoleoniche, ha inaugurato l’egittologia. In un futuro più o meno lontano, gli studiosi potrebbero ricostruire grazie al dischetto della fondazione Long Now, gli identikit di popoli svaniti nelle accelerazioni della storia.

    Ma già oggi, navigando sul sito del Rosetta Project, si ha la sensazione di muoversi su mappe dei secoli scorsi. Alcune lingue dell’archivio telematico sono parlate da poche decine di individui. La banca dati ha messo online i primi capitoli della Genesi tradotta mille volte nelle lingue morenti, ma ha anche trascritto miti, apologhi, fiabe di popoli tribali.

    Internet sta diventando l’arca delle lingue da salvare. Con una ricerca su Google ci si imbatte in decine di siti, spesso sostenuti da grandi fondazioni scientifiche e da organizzazioni internazionali.

    Sulle pagine elettroniche della Foundation for Endangered Languages si trova già il programma della conferenza internazionale su lingue e popoli a perdere che si terrà a Broome, nell’Australia occidentale nel settembre del 2003.

    Sempre sulla rete, all’indirizzo dello Endangered Languages Fund della Yale University, la home page è occupata da un monito: meno della metà delle circa 6 mila lingue oggi parlate sul pianeta sopravviverà nel prossimo secolo. L’Unesco ha lanciato l’allarme. E ha compilato un libro rosso delle lingue a rischio di estinzione, con la collaborazione del Wwf, come succede per le tigri siberiane o i panda cinesi.

    Sul web, l’organizzazione mondiale della cultura ha messo l’elenco dei vocabolari pericolanti, con mappe, gruppi linguistici di appartenenza, numero degli adulti e dei bambini che sono rimasti a scrivere e conversare in queste archeo-lingue.

    Ethnologue è un vero motore di ricerca. Il suo campo di esplorazione digital-lessicale include 6700 tra dialetti e lingue in 228 paesi.

    La torre di Babele internettiana è più ordinata di quella biblica. Ma non ci sono solo elenchi, vocabolari e sintassi. Alcuni siti come Sil International e Terralingua promuovono ricerche sul campo e progetti di alfabetizzazione di popoli che stanno perdendo la conoscenza del loro linguaggio. Ora, con uno scarto del mouse, possono ritrovare le loro parole perdute.

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