La ministra fa lo school-day, il sindaco vuole il city manager
di Gian Luigi Beccaria
La Stampa 12.07.2003, Tuttolibri, p.8
Non sono purista, non sono nazionalista, però mi piace quel che diceva Albert Camus, algerino: “Sì, una patria ce l’ho: la lingua francese”. Oggi poi: è bene avere una patria, una Heimat, soprattutto in tempi di mondializzazione. La lingua non è soltanto un mezzo di comunicazione (allora tanto vale che tutti impariamo l’inglese, e finita lì), ma un qualcosa che vive nella nostra interiorità, mentre all’esterno la collettività che l’ha adottata sente in essa (o dovrebbe sentire) un “prestigio” e un valore affettivo. Ci sono nazioni (Francia, Spagna) che sentono di più questa identificazione, e questo per noti motivi storici che non sto a ricordare. Comunque, l’unità linguistica finalmenpte raggiunta in Italia è un qualcosa oggi di vivo e di operante, e perciò occorre difenderla dall’esterno e dall’interno. Dall’esterno c’è la cultura angloamericana che la insidia, dall’interno le spinte alla chiusura, ai separatismi.
Per quanto riguarda l’influsso esterno, per ora l’italiano non lo soffre a fondo: continua a reagire con molta elasticità e singolare capacità di assorbimento delle parole straniere, grazie alla forte tradizione culturale che ha alle spalle, che la salva e le dà quella tenuta nella morfologia e nella sintassi, che è poi la salda struttura portante di una lingua. Certo, se la tronchiamo quell’eredità, saremo meno forti nel difenderci.
Ciò detto, non nascondo che l’eccesso di anglomania comincia a preoccuparmi. Stiamo davvero esagerando. L’inglese si fa ormai slogan, simbolo, insegna, giornali e televisioni a gara lo pdiffondono: tax-day ha dato il nome ad un giornata di sciopero dei commercianti contro il fisco (marzo ’96), c’era già stato il security-day promosso da Berlusconi, venne il Padanian-day della Lega, e la serie inarrestabile continua, penso all’election-day, gennaio 2001, all’Usa-day, novembre 2001, all’humanity-day della manifestazione pro extracomunitaria a Treviso (settembre 2002), e la Moratti per la sua riforma ha indetto il settembre scorso uno school-day. Gli Enti pubblici sono i più anglomani: “Il Comune di Torino – mi scrive preoccupato un collega del Consiglio nazionale delle Ricerche – ha istituito non solo il City manager, ma anche il City architect, in vista delle trasformazioni urbanistiche per le Olimpiadi del 2006. E nella città ai cui parcheggi si accede con il blocchetto di voucher, è nato l’Environmental Park, ed è in gestazione il Cultural Center”, “presso gli uffici postali sono esposti cartelli con l’avviso di vendita di folder filatelici. Ho chiesto a un impiegato di acquistarne uno. Risposta: un folder? Mai sentiti nominare…”. Ma io ho già sentito nominare la dono’s card per i donatori di organi! Se dico quota fissa o contribuzione sanitaria e non ticket, oggi chi mi capisce più?
beccaria@cisi.unito.it
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