Bruno Corà e Giorgio Pagano ne discutono. Roma 1987
Bruno Corà – Da quello che intuisco mi sembra di comprendere che la costruzione della cultura europea non riguarda semplicemente un fenomeno federalistico, come potrebbe essere stato l’unificazione degli U.S.A. o dell’U.R.S.S., ma al contrario tu configuri un’Europa che deve avere un’unica nuova identità, un destino, un programma di intenti, di obiettivi che è suo specifico, e che è molto diverso da tutti gli altri in quanto per la prima volta da eterogeneo diverrebbe univoco. Qual è la caratteristica di questa unificazione?
Giorgio Pagano – A questo punto io citerei due frasi, la prima di Hofmannsthal: «Non l’Europa è postulata, ma col nome di Europa l’umanità (col nome di umanità l’onnipresenza divina: Dio stesso)». La seconda di Montale: «E l’Europa, contesa fra i due mondi in lotta, non tenta neppure di elaborare un suo mito, una sua idea di sé stessa che abbia ancora un valore universale». Dietro queste frasi ci sono le matrici costruttive della mia idea di unificazione europea e della rivoluzione culturale pacifica che ad essa necessita. L’averle unite insieme, il loro matrimonio, potrebbe anche rimandare, come un gioco di figure, all’unione tra il calcestruzzo e l’acciaio che rende possibile la costruzione o, anche, alla E verde con la U celeste che emblematizza quasi tutti i lavori in mostra.La E verde, che ho iniziato ad usare sin dal 1980-81, è una ripresa della E verde in campo bianco che ha sempre caratterizzato tutto il Movimento europeo, stilizzata però in modo da far emergere quella U che, perpendicolarmente essa contiene, e rimandante a quella caratteristica di universalità e di unione che m’interessa. Successivamente volli rendere ancor più marcata questa caratteristica spirituale colorando in celeste la U. Unendo in matrimonio terra e cielo.(L’intero testo del catalogo qui)