Il sovranismo delle parole

La prestigiosa Accademia che tutela l'italiano si allea con Francia e Spagna: nella Ue tutti gli idiomi dovrebbero avere stessa dignità, ma i burocrati abusano della lingua di Londra

La Crusca contro l’invasione dell`inglese

L`importante, come diceva Cechov, è che la lingua non oltrepassi i pensieri. Il che, nel caso dei pensieri accademici, spesso è difficilissimo. Ma è senz`altro tenendo conto di questa postura semantica, che le tre più antiche e prestigiose accademie linguistiche del sud Europa l`Accademia della Crusca (fondata a Firenze nel 1583), l`Académie franaise (nel 1635 a Parigi) e la Real Academia Espariola (Madrid, 1731) oggi si alleano in una sorta di reazionesovranista al tracimare della lingua inglese. Ufficialmente, l`incontro odierno alla Villa medicea di Castello a Firenze tra le ne potenze culturali atterrebbe a un rilassato «un confronto tra le diverse politiche linguistiche dei tre maggiori paesi di lingua romanza»; in realtà, trattasi d`un`alleanza Medita che si sviluppa contro l`Europa dei burocrati. La quale Europa, vanta sì un regolamento, il n. 1/1958 del Consiglio della Ue, chiaro in materia, e – almeno un tempo – sacrale come le tesi di Lutero attaccate alla cattedrale di Wittenberg: stabilisce, infatti, che «tutte le lingue ufficiali hanno pari importanza e che tutti i cittadini dell`Unione devono poter comunicare con le istituzioni dell`Ue nella lingua del proprio paese». Però, da qualche anno, quello stesso regolamento l’Europa dei burocrati proprio non riesce a farlo rispettare: l’inglese ingoia voracemente tutti gli altri idiomi del vecchio continente. E il paradosso è che lo fa proprio in tempo di Brexit, in un momento storico in cui la Gran Bretagna dall`Europa ha deciso di uscire. Sicché, gli interventi dei diversi relatori del convegno (tipo «Politiche linguistiche a confronto: la situazione in Italia, Francia e Spagna» o «Multilinguismo e tutela dei patrimoni linguistici nazionali nel quadro dell`Unione europea») saranno pronunciati, a sfregio, quasi sull`onda del paradosso di Babele, nelle rispettive lingue senza traduzione simultanea. Una provocazione, ovvio.

RECIPROCITÀ
L`incontro vuole «scommettere così sulla possibilità di un dialogo fondato sulla reciproca intercomprensibilità, almeno in ambito romanzo, e sulla capacità di ognuno degli interlocutori (relatori e pubblico) di basarsi sulla propria competenza passiva, per apprezzare la varietà delle lingue, a partire da quelle più vicine alla nostra», si giustificano dalla Crusca. Da dove, in realtà, da qualche tempo,il presidente Claudio Marazzini sta conducendo una sua personale, feroce, inesausta battaglia contro l`inglese; soprattutto l` “Itanglish”, quell`intruglio di fonemi che un tempo in Italia chiamavano inglese maccheronico. Marazzini, per dire, è quello che fece la “ola” quando il Consiglio di Stato bocciò la decisione del Politecnico di Milano di tenere corsi solo in inglese (non tenendo conto, però, che una fetta di potenziali studenti europei si sono poi iscritti in Francia, Spagna e Germania). Marazzini è anche quello che ha esultato quando l`ultima edizione del Devoto/Oli, inaugurò la fondamentale rubrica contro l’eccesso degli anglismi. Ora, a parte, il rilievo di un`inedita alleanza tra Paesi storicamente in competizione da un punto di vista politico-economico (se Macron fosse a capo dell`Académie francaise noi probabilmente parleremmo il tedesco…), ilconvegno ha una sua indubbia pregnanza. E apre diversi scenari.

LA PROPOSTA DI LEGGE

Da un lato è vero che secondo le ultime stime, entro ottant’anni l`italiano sarà una lingua morta. Dal 2000 a oggi, infatti, l`anglicizzazione ossessiva ha fatto aumentare al 773% le parole inglesi nell`italiano scritto, lemmi soprattutto importati dal linguaggio della televisione e dei social; ed è per questo che Fratelli d`Italia ha depositato la proposta di legge per rendere l`italiano nostra lingua ufficiale – curiosamente non lo era- richiedendo perfino l`istituzione di un «Consiglio superiore contro l`abuso di lingue straniere». Non è una posizione del tutto peregrina. Tra l`altro, vivendo nella cosmopolita Milano mi capita spesso di assistere a scene dove manager molto “smart”, “briffano prima di performare” o “sharano i contents as soon as possibile”; cioè, tradotto, dirigenti che fanno i simpaticoni si riuniscono per fare il punto prima delleriunioni e ne condividono i contenuti il prima possibile. La suddetta frase, detta in italiano, mi rendo conto, fa molto meno figo. Ma, dall`altro lato dellamedaglia, non si può fermare il vento con le mani. L`inglese inevitabilmente invade ogni giorno la nostre vite; la Rete, la nuova agorà dove trafficano liberamente le idee, parla l`american-english, e i nostri figli – vivaddio – percorrono con allegria sulla strada del bilinguismo. L`ideale sarebbe un buon compromesso. Avere pensieri tenacemente in italiano e sottotitolarli in inglese…

FRANCESCO SPECCHIA | Libero Quotidiano | 28.9.2018

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