schiavismo
Minoranze, popoli tradizionali, indigeni e Colonialismo

I Caraibi fanno causa a Francia, Gran Bretagna e Olanda per schiavismo.

Il "triangolo commerciale" sull'Atlantico
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Il

I Caraibi fanno causa agli europei «Risarcimenti per lo schiavismo»

 Richiesta all’Onu per miliardi di euro e riparazioni commerciali

 di Luigi Offeddu

 

«Maafa», ancora oggi molti studiosi africani lo chiamano così: «Grande disastro», in lingua swahili, o anche «Olocausto». «E se gli ebrei sono stati indennizzati per l’Olocausto, perché non dovremmo esserlo anche noi?», tuona Ralph Gonsalves, appena eletto presidente della Caricom, la comunità che raccoglie 15 piccoli Paesi caraibici fra cui le Bahamas, Giamaica, Saint Lucia. Detto, e fatto: come indennizzo per la «Maafa», la tratta degli schiavi organizzata dalle potenze europee che deportarono dall’Africa alle Americhe 12-15 milioni di esseri umani, la Caricom chiede a Francia, Gran Bretagna e Olanda diversi miliardi di euro (la richiesta deve essere ancora quantificata nei dettagli) e una serie di riparazioni commerciali. La «Maafa» durò oltre due secoli, dalla fine del ’500 in poi. «Apprendisti a vita», così venivano beffardamente classificati i deportati, quando si imbarcavano con le catene. E chi vive oggi nei Caraibi belli e pacifici, popolati anche da turisti e banchieri, discende pur sempre da quegli schiavi, dice di pagare ancora il prezzo di quell’ingiustizia.                                                                                            La richiesta di riparazioni è stata preannunciata pochi giorni fa all’assemblea generale dell’Onu. La condividono, finora, 14 dei 15 Paesi aderenti alla Caricom. Ed è già stato ingaggiato Martin Day, un celebre avvocato britannico che a suo tempo costrinse Londra a pagare circa 16 milioni di euro ai kenyoti vittime della repressione inglese, durante la rivolta nazionalista dei Mau Mau. Ingaggerà questo duello giuridico con i governi dei 3 Paesi chiamati in causa. Se le trattative non andranno in porto, allora Day presenterà un ricorso all’Aja, alla Corte internazionale di giustizia, che è il massimo organismo giuridico delle Nazioni Unite.                                                                                                                    

Quanto al capo politico della «crociata», Gonsalves è oggi il primo ministro delle isole St. Vincent e Grenadine, e a dicembre assumerà ufficialmente la sua nuova carica di presidente di turno della Caricom. «Chiederemo delle riparazioni a causa del genocidio e della schiavitù sponsorizzati dagli Stati — ha detto all’Onu —. Gli inglesi hanno ucciso l’80% degli indigeni Callinago nelle mie isole. E ancora oggi, là, le persone di discendenza africana hanno una più alta incidenza di diabete e ipertensione che in qualsiasi altro luogo: come mai questo non c’è nell’Africa Occidentale?». Risposta sottintesa: è stata la «Maafa» con i suoi supplizi secolari: co

loro che non affrontarono quei viaggi disumani e poi l’odissea delle piantagioni mantennero un po’ di salute e si lasciarono dietro figli e nipoti più forti.                                                  La questione non è certo nuova, viene dibattuta da molto tempo e a volte con duri scontri di idee: «Ma allora — ironizza per esempio uno dei critici sui blog collegati alla Caricom — secondo voi potrò chiedere anch’io un indennizzo all’Italia? Perché io sono ceco, anzi moravo, e l’imperatore Tiberio invase la mia Moravia negli anni intorno al 6 avanti Cristo. Oppure potrei far causa all’odierno governo della Mongolia, per rifarmi dell’invasione mongola del 1241?».                                                                                  

Gonsalves non sembra però incline allo scherzo. Nei suoi discorsi cita l’ingordigia di Napoleone, che avrebbe chiesto 90 milioni di franchi d’oro per riconoscere l’indipendenza di Haiti. E butta lì: anche l’ex presidente haitiano Jean Bertrand Aristide, anni fa, sollevò la questione degli indennizzi, ma il governo francese «fece in modo, diciamo così, che andasse in esilio volontario».

Ognuno rilegge la cronaca, e la storia, dal suo punto di vista. Ma certi fatti restano, è difficile contestarli. «Wic», così era chiamata con un acronimo la Compagna olandese delle Indie occidentali, fondata nel 1602: nel 1640 deportava «solo» tremila schiavi all’anno, nel 1660 erano già centinaia di migliaia e «Wic» controllava tutta la sua «Costa degli schiavi». Partivano in 600 su un brigantino. Poi li seppellivano là nei Caraibi, dove oggi incrociano gli yacht.                                                                                          

(Dal Corriere della Sera, 2/10/2013).

 

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