L’amore-odio per l’America
La mattina a Prima pagina di Radio 3 arrivano le telefonate degli ascoltatori che danno il polso del Paese.
Da quando Putin ha invaso l’Ucraina avverto nelle telefonate avversione verso l’America, come se fosse stata lei a occupare un Paese sovrano, come se, per volontà di dominio, avesse organizzato un complotto mondiale per distruggere la Russia.
Ma da dove viene questa indulgenza verso il nuovo zar che avvelena gli oppositori, invade uno stato sovrano e minaccia di usare la bomba atomica? Solo cattiva informazione? Eppure noi abbiamo la libertà di stampa, la libertà di critica e di informazione. Che si tratti di un antico legame col marxismo e i suoi ideali prima della trasformazione in capitalismo di Stato? E che origini ha dall’altra parte l’insofferenza contro chi solidarizza con l’aggredito? È solo un giudizio a posteriori contro quelle nazioni che si dicono democratiche ma hanno praticato per secoli schiavismo e guerre di conquista? Oppure alla fine si tratta di semplice egoismo, privo di empatia: che si arrendano e non rompano le scatole, noi abbiamo bisogno del gas! La cosa curiosa è che coloro che condannano gli americani sono i primi a inserire ogni due o tre parole una inglese. Sono i primi ad ascoltare soprattutto musica americana, a prediligere i film western, a idolatrare attori americani, preferendo sempre i best seller targati Usa. Insomma siamo profondamente immersi nella cultura di matrice anglosassone, tanto da diventare linguisticamente servili e dipendiamo dalle sue mode. Non mi risulta che adoperiamo parole russe, o mode introdotte da Mosca. Noi amiamo (io per prima) i classici russi: `Tolstoj, Gogol’, Dostoevskij, i pittori Rublév, Chagall, Malevich, i musicisti Prokofiev, Tchaikovsky, Stravinskij, artisti che certamente non avrebbero approvato una guerra come questa. Non è contraddittorio mantenersi immersi in una cultura totalmente americana e poi accusarla di volere controllare e distruggere altre culture? So che le guerre sono fatte di economia e armi, ma non dimentichiamo le motivazioni legate alle questioni di identità e cultura. Rischiare la vita per difendere i propri valori e il proprio Paese è un atto di coraggio che va sostenuto. Se l’Italia non avesse combattuto la sua resistenza contro i sostenitori del razzismo, non saremmo oggi un Paese repubblicano e democratico con una Costituzione di cui andare fieri.
Dacia Maraini | corriere.it | 17.10.2022