Consultazioni Ue non in lingua italiana per danneggiare il nostro Paese

Daria Provvidenza Petralia nel 2017, allora Dirigente responsabile ADM per il gioco a distanza, durante il convegno “Gioco online, problemi, opportunità e strategie future”

Le Consultazioni Ue non in italiano vogliono tenere fuori gli italiani dalle decisioni europee.  Non è solo discriminzione, è sabotaggio.

Gentile Dott.a Petralia,

mi sono imbattuto in più consultazioni europee antidemocratiche e linguisticamente discriminanti per la Repubblica italiana, in quanto i nostri concittadini non sono messi nelle condizioni di contribuirvi in virtù di una documentazione (e spesso dello stesso quesito) unicamente in inglese.

Precedentemente per circa il 40% esse erano almeno trilingue (tedesca, inglese e francese) ma, incredibilmente, proprio da quando è uscita la Gran Bretagna, e conseguentemente l’italiano è divenuta di diritto e di fatto la terza lingua più parlata dell’Ue, il trilinguismo è  diventato monolinguismo anglosassone, là dove qualsiasi monopolio è condannato e perseguito dalle leggi e dai Trattati europei quanto nazionali.

Spesso, per non dire quasi sempre, la Commissione svolge le proprie consultazioni facendo riferimento a documentazione unicamente in lingua inglese e su argomenti che vedono particolarmente interessato proprio il nostro Paese e la sua capacità produttiva.

Ad esempio l’ho già notato, recentemente, in relazione a consultazioni concernenti l’etichettatura dei vini e ora – questa è l’occasione che colgo per sottoporle il grave e non più tollerabile vulnus -, persino in relazione ad un programma europeo che “sostiene la distribuzione di frutta, verdura, latte e alcuni prodotti lattiero-caseari nelle scuole (dalla scuola materna alla scuola secondaria) e prevede una serie di attività didattiche per promuovere abitudini alimentari sane“.

Ebbene, la Commissione, a partire dal 6 marzo e fino al 3 aprile, vuole conoscere il parere degli eurocittadini in relazione al Progetto di regolamento delegato relativo al programma summenzionato che, però, è unicamente in inglese (Progetto di regolamento delegato – Ares(2023)1608810 inglese (348.2 KB – PDF – 5 pagine).
Lei, come qualsiasi nostro concittadino, sa bene che sul fronte “agricolo” l’Italia è, per tradizione e storia, anche culinaria, uno dei Paesi più importanti – se non il più importante – dell’Unione europea e del mondo: basti pensare al credito internazionale della famosa “dieta mediterranea”. Non è certo casuale che, per noi, coltura e cultura sono praticamente sinonimi. Non è un caso che in italiano “cultura” deriva dall’italiano antico (comunemente chiamato latino) “cultura” che significa “coltivazione della terra”, derivando dal verbo còlere, “coltivare”, significato passato nell’odierno “coltura” ed usato sia per la coltivazione della terra (l’agricoltura), sia per l’allevamento degli animali (la zoocoltura, l’apicoltura, eccetera).

Ora, considerando che:

  • il multilinguismo è uno dei pilastri fondanti e fondamentali dell’Unione europea;
  • usciti i 66 milioni d’inglesi, è proprio l’italiano la terza lingua comunitaria;
  • mentre l’inglese è divenuta diciassettesima lingua dell’Unione europea dopo lo slovacco, persino sommando il dato quantitativo di maltesi e irlandesi, anche se, giuridicamente, nessuna delle due ex colonie britanniche ha sostituito la lingua ufficiale già notificata, il maltese e il gaelico, con la lingua dell’ex colonizzatore inglese.

Si comprende bene che siamo di fronte non solo ad una abuso e ad una illegalità conclamata e continuata temporalmente ma, segnatamente, ad un evidente attacco alla Repubblica, al popolo italiano e alla sua capacità produttiva persino storicamente ed universalmente riconosciuta.
Ciò acclarato, è però di tutta evidenza che, se il “Servizio Informative parlamentari e Corte di Giustizia UE” da lei Diretto, non segnala esplicitamente ai cittadini come ai politici responsabili, a cominciare dal Ministro in carica, tali abusi e discriminazioni posti in essere dalla Commissione nei confronti dell’Italia, non solo istiga indirettamente la Commissione nella perpetrazione e perpetuazione del danno al nostro Paese ma non dà nemmeno al Ministro gli elementi per quantificare tale danno e la sua entità che, occupandomi di Economia linguistica già dal 1996, le posso assicurare che è notevole, con una base di partenza di almeno di 65 miliardi di Euro l’anno.

In attesa di un suo cortese riscontro, voglia gradire i miei più distinti saluti,

Giorgio Kadmo Pagano

 

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