Consiglio UE: cattiva amministrazione/gestione linguistica nel post Brexit e negazione Atti Dovuti

Questa è la lettera Raccomandata A/R dell’ERA mandata al Consiglio dell’Unione euroepa il 14 aprile 2023 per cattiva amministrazione/gestione linguistica nel post Brexit e negazione Atti Dovuti (applicazione Reg. n.1/1958); comunicazione istituzionale inversamente proporzionale alle lingue dei popoli europei; perseguimento degli interessi del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord odierno avversario del processo di unione europea.
PS
La Raccomandata è stata ricevuta dal Consiglio il 21 aprile 2023.

Al Signor Presidente del Consiglio dell’Unione Europea
Alla Signora Segretaria Generale
Thérèse Blanchet
Rue de la Loi 175
B-1048 Bruxelles

Oggetto
Consiglio: cattiva amministrazione/gestione linguistica nel post Brexit e negazione Atti Dovuti (applicazione Reg. n.1/1958); comunicazione istituzionale inversamente proporzionale alle lingue dei popoli europei; perseguimento degli interessi del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
odierno avversario del processo di unione europea.

Illustri Presidente del Consiglio e Signora Segretaria Generale Thérèse Blanchet,
alla quale faccio preghiera di trasmettere queste nostre considerazioni a tutti i membri del Consiglio dell’Unione europea, scrivo, questa volta senza mediazioni di avvocato e parlamentare europeo, in qualità di Segretario Generale dell’ERA, una ONG dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) e dell’ECOSOC delle Nazioni Unite con status consultivo di categoria speciale, che si occupa di diritti umani linguistici e culturali.

Diritti umani linguistici e culturali che, a dispetto di Trattati, Regolamenti e Carta europei, vengono sistematicamente e sempre più monopolisticamente negati nelle Istituzioni comunitarie e, prima fra tutte, dal Consiglio che si rifiuta di ottemperare ai principi e alla lettera del Regolamento n. 1/1958 che stabilisce il regime linguistico dell’Unione europea (Comunità Economica Europea) [i].
Ho già avuto modo di segnalarvi tali pratiche antidemocratiche e non conformi al Diritto europeo, attraverso il nostro avvocato Dott.a Velardo il 9 aprile 2021 e ancora il 10 maggio 2022 (all’allora Segretario Generale Jeppe Tranholm-Mikkelsen) ottenendo riscontro dopo 448 giorni, il 1 luglio 2022.
Considerati i tempi e l’incongruenza delle risposte, rispetto ai principi e alla lettera del Diritto europeo richiamati in quelle missive, ho scritto un’interrogazione parlamentare al Consiglio, cortesemente presentata dall’On. Francesca Donato la E-003095/2022 del 16.9.2022 con risposta del Consiglio 111 giorni dopo, il 5.1.2023. Rilevando anche in questo caso mistificazione e volontà di continuare a non ottemperare al dettato giuridico del Reg. n.1/1958.

Con l’uscita dei 66 milioni di britannici dall’Ue due fatti importanti si sono realizzati:
1.     l’italiano è terza lingua d’Europa;
2.     l’inglese non è più lingua ufficiale e di lavoro dell’Unione europea.
Ebbene, subito a ridosso del Referendum britannico del 23 giugno 2016, in merito al fatto che l’inglese non può essere tra le lingue ufficiali dell’Unione europea dopo la Brexit, ci sono state due importantissimi interventi da parte di figure di spicco dell’Unione europea:
1.  A soli quattro giorni dall’uscita del Regno Unito dall’Unione europea Danuta Hübner, quale Presidente del Comitato per gli Affari Costituzionali del Parlamento europeo (AFCO), ha avvertito che l’inglese non sarà una delle lingue ufficiali dell’Unione europea dopo che la Gran Bretagna lascerà l’UE: «Se non c’è il Regno Unito non c’è l’inglese».
Qui l’intera Conferenza stampa: https://youtu.be/JqNC7YK0y1wVi
2.  L’allora Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker al “European Pillar of Social Rights” il 23 gennaio 2017: «Sono molto impressionato dal fatto che sì, l’inglese è una lingua in uscita dall’Unione europea, quindi dobbiamo abituarci al fatto che altre lingue ufficiali siano impiegate allo stesso modo, con la stessa intensità di quanto non fosse il caso dell’inglese, e quindi passerei al francese, magari al tedesco»[ii].

A ciò bisogna aggiungere l’accusa che l’Unione europea voglia rubare la lingua inglese al Regno Unito, denunciata nell’articolo dell’Evening StandardLondoner’s Diary: Signor Monti wants the EU to steal English” del 21 novembre 2017[iii] e ripreso anche da Politico.eu[iv], nel quale si accusa l’ex Commissario europeo Mario Monti di aver fatto dichiarazioni tese ad istigare l’Ue a derubare i britannici della loro lingua.
Al contrario di quanto sopra ricordato, il Consiglio sostiene – nella risposta all’interrogazione parlamentare E-003095/2022[v] – che, malgrado l’uscita della Gran Bretagna, il regime linguistico dell’Unione europea non deve mutare dalla sua ultima modifica del 1.07.2013 (anno in cui è stato inserito il croato[vi]), in quanto l’inglese è lingua ufficiale di Malta e Irlanda (storicamente ex colonie britanniche).
Le domande che faccio sono:
·       in quale riunione il Consiglio ha trattato la questione?
·       il verbale è pubblico?

La netta impressione che abbiamo avuto, considerate le risposte del Consiglio vaghe, imprecise, destituite di ogni fondamento legale come avrò modo di dimostrare in seguito, è che tale riunione non ci sia mai stata nonostante le denunce pubbliche della Hubner e di Juncker. Il che sembra indicare che la sola strada perseguibile sia, al meno, quella di portare il Consiglio dell’Unione Europea davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue per omessa pronuncia, avviando un Ricorso in carenza in violazione dei Trattati così come disciplinato dall’Art. 265 [vii].

Ad ogni modo, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, il Regolamento n.1/1958, esattamente l’Art. 8, concernente proprio gli Stati membri in cui esistono più lingue ufficiali, non permette al Consiglio quanto da esso asserito per i seguenti motivi:
1.  Non è il Consiglio che decide quali siano le lingue ufficiali di ciascun Stato ma è lo Stato membro a determinarlo e a richiederlo. Ed è su tale determinazione/richiesta che si pronuncia il Consiglio all’unanimità, solitamente come atto dovuto in virtù di un Atto di Adesione precedente.
a.  Nella fattispecie invece il Consiglio svolge delle considerazioni prive di alcun fondamento di legge, eventualmente attribuibili indiscriminatamente ad entrambi gli Stati di Irlanda e Malta ma senza che nessuno di essi ne abbia fatta richiesta;
b.  anzi, la scelta di Malta e Irlanda, è stata quella di voler decolonizzare il loro Paese dall’ex imperialista britannico. Malta lo ha fatto fin dalla sua entrata nell’Ue, determinando e richiedendo il maltese come propria lingua ufficiale, mentre l’Irlanda – che pur non aveva voluto avvalersi dell’Art.8 all’atto della sua adesione nel 1972 – lo ha fatto nel 2005, rimarcando proprio il fatto che “Il governo irlandese sottolinea che, conformemente all’articolo 8 della Costituzione irlandese, l’irlandese, in quanto lingua nazionale, è la prima lingua ufficiale dell’Irlanda[viii].
2.  È una sola la lingua che lo Stato membro plurilingue può determinare e richiedere come prescrive l’Art. 8 e non due o più lingue (Per quanto concerne gli Stati membri in cui esistono più lingue ufficiali, l’uso della lingua sarà determinato, a richiesta dello Stato interessato).
a.      Pertanto, anche volendo, sia Irlanda che Malta non possono richiedere che entrambe le loro lingue ufficiali entrino a far parte del regime linguistico dell’Ue.
b.     Il Governo irlandese ha chiesto che solo l’irlandese venga considerata propria lingua ufficiale escludendo come tale l’inglese (attribuito alla Gran Bretagna) e, infatti, proprio il Consiglio scrive “Il Governo irlandese ha chiesto che alla lingua irlandese sia riconosciuto lo stesso status di quello riconosciuto alle lingue nazionali degli altri Stati membri” (regolamento n.920/2005 del Consiglio del 13.06.2005).
3. L’Art. 8, prescrive anche la modalità con la quale lo Stato membro in cui esistono più lingue ufficiali determina la lingua ufficiale: “secondo le regole generali risultanti dalla legislazione di tale Stato”. Ebbene:
a. Nell’ordinamento nazionale della Repubblica d’Irlanda (articolo 8 della Costituzione) e della Repubblica di Malta (articoli 5 e 74 della Costituzione) è sancita nettamente la primazia, rispettivamente dell’Irlandese e del Maltese, sulla lingua Inglese.
Pertanto, per poter determinare e richiedere all’Ue come loro lingua ufficiale l’inglese al posto dell’attuale Irlandese/Maltese, Irlanda/Malta dovrebbero cambiare l’attuale ordinamento costituzionale.
Chiedo: il Consiglio è conscio del fatto che omettendo atti che sono d’ufficio opera in senso opposto a quanto previsto dal Diritto europeo e dalle costituzioni di Irlanda e Malta perseguendo così gli interessi dei loro ex colonizzatori britannici, nonché odierni avversari del processo di unione europea?

C’è, inoltre, un errore grossolano nella formula del preambolo citata dal Consiglio nella risposta, in quanto manca il numero esatto richiamato dal Preambolo che è “quattro” e tra quelle quatto lingue l’inglese non è compreso. Il Consiglio ha infatti scritto “Dall’unico considerando del preambolo al regolamento n. 1 si evince che le lingue ufficiali e di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono scelte in virtù del fatto che le lingue in cui è redatto il trattato, compreso l’inglese, sono riconosciute come lingue ufficiali, ciascuna in uno o più Stati membri dell’Unione.” Per contro, invece, la formulazione esatta del Preambolo – rimasta invariata dal 1958 – e dell’unico “considerando” ivi contenuto è:
IL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA, visto l’articolo 217 del Trattato, ai termini del quale il regime linguistico delle istituzioni della Comunità è fissato, senza pregiudizio delle disposizioni previste nel Regolamento della Corte di Giustizia, dal Consiglio che delibera all’unanimità, considerando che le quattro lingue in cui il Trattato è redatto sono riconosciute come lingue ufficiali, ciascuna in uno o più Stati membri della Comunità, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO”.

L’articolo 217 a cui esso fa riferimento è quello del Trattato che istituisce la Comunità Europea firmato a Roma il 25 marzo 1957 e sottoscritto da “sua maestà il Re dei Belgi, il Presidente della Repubblica federale di Germania, il Presidente della Repubblica francese, il Presidente della Repubblica italiana, sua altezza reale la Gran­duchessa del Lussemburgo, sua maestà la Regina dei Paesi bassi, nella VI Parte di esso tra le “Disposizioni generali e finali” e recita “Il regime linguistico delle istituzioni della Comunità è fissato, senza pregiudizio delle disposizioni previste nel regolamento della Corte di Giustizia, dal Consiglio, che delibera all’unanimità” e le quattro lingue nelle quali è redatto il Trattato – che è quello pubblicato in Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee del 6 ottobre 1958 – sono il francese, l’italiano, l’olandese e il tedesco: l’inglese non c’è.

Non c’è perché le quattro e solo quattro lingue alle quali si fa riferimento nell’incipit sono quelle degli Stati Fondatori dell’Ue riuniti a Roma il 25 marzo del 1957: Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo. Dei sei Stati Fondatori l’unico che, a vario titolo, ha tre lingue ufficiali ma non comprese tra le quattro già menzionate, è il Granducato di Lussemburgo che, peraltro, ha un numero di popolazione maggiore di Malta ma, essendo già presenti due delle sue lingue ufficiali grazie a Francia ed Olanda non si è valso, né allora né in seguito, della possibilità giuridica prevista all’Art. 8 e, conseguentemente, determinare e richiedere il lussemburghese come lingua ufficiale presso l’Unione europea. Il che, peraltro, porterebbe eventualmente solo a cambiare il numero delle lingue all’Art.1 e non nel Preambolo.
Ciò che viene cambiato con l’inserimento di altre lingue man mano che entrano nuovi Paesi aderenti è l’articolato vero e proprio, a cominciare dall’Articolo 1 che vede l’inserimento dell’inglese solo il 1.1.1973, dopo 15 anni – su richiesta della Gran Bretagna -, insieme al danese – su richiesta della Danimarca -, a seguito dell’Atto di adesione della Danimarca, della Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord del 27.3.1972.

Pertanto è una cattiva amministrazione quella esercitata dal Consiglio non ottemperando ad un atto dovuto con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue – che avrebbe dovuto persino essere automatico come segnalava Danuta Hubner già nel 2016 -, e porre in votazione l’uscita dell’inglese dal novero delle lingue dell’Unione europea: omessa pronuncia perseguibile a norma dell’Articolo 265 del TFUE.

Risulta di tutta evidenza che, quindi, i cittadini europei che sono tutti non madre lingua inglese si trovano di fronte ad un’opera illegale, antidemocratica e colonialistica per conto di Paesi terzi ed estranei, se non avversari del processo comunitario com’è specificatamente il caso della Gran Bretagna. Tanto più che, anche considerando maltesi e irlandesi di lingua inglese e persino sommando irlandesi e maltesi, essi risultano essere 5.382.028 persone, il che equivale al fatto che l’inglese è, persino in questo caso, la diciassettesima lingua dell’Unione europea: nell’ordine: I, tedesco, 92.898.566; II, francese, 65.255.278; III, italiano, 60.480.665; IV, spagnolo, 46.776.338; V, polacco, 37.857.352; VI, rumeno, 19.238.034; VII, olandese, 17.131.014; VIII, ceco, 10.710.432; IX, greco, 10.429.737; X, portoghese, 10.199.257; XI, svedese, 10.095.005; XII, ungherese, 9.664.187; XIII, bulgaro, 6.954.100; XIV, danese, 5.789.709; XV, finlandese, 5.540.792; XVI, slovacco, 5.460.615; XVII, inglese (irlandesi + maltesi), 5.382.028; XVIII, irlandese, 4.940.642; XIX, croato, 4.106.953; XX, sloveno, 2.079.390; XXI, lituano, 1.963.870; XXII, lettone, 1.887.408; XXIII, estone, 1.328.108; XXIV, maltese, 441.386.
Tradotto politicamente: è come far vincere le elezioni ad un Partito risultante al 17esimo posto ma che nemmeno si è presentato alle elezioni.
Perché, nonostante le molte norme che affermano il multilinguismo e vietano la discriminazione linguistica (il rispetto della diversità linguistica e culturale è uno dei pilastri dell’UE sancito dall’art.3 del Trattato sull’Unione europea così come la discriminazione su base linguistica è esplicitamente vietata dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue), il Consiglio, contrariamente a qualsiasi principio di democrazia e multilinguismo, esercita una conclamata discriminazione linguistica nella comunicazione (dal sito ai comunicati stampa ai notiziari e via dicendo) sostenendo il monopolio della lingua inglese contra lègem e contro gli oltre 440 milioni di eurocittadini non di madre lingua inglese?

Il Consiglio ha poi equivocato il fatto che stavamo e stiamo parlando non della comunicazione dei cittadini alle istituzioni – garantita dall’articolo 24, IV comma del TFUE – ma che stavamo e stiamo chiedendo l’opposto:
·  Perché il Consiglio comunica coi cittadini europei nella lingua di poco più di 5 milioni di persone?
·  Quando intende attuare il multilinguismo comunicando con la cittadinanza democraticamente?
·  Se non altro proporzionalmente ai parlanti le lingue madri dei maggiori popoli dell’UE a cominciare da: tedesco, francese, italiano e spagnolo?

L’Unione europea è fondata sulla Democrazia, il Diritto, i Trattati, le leggi e il Diritto dei popoli europei e liberi.
Non vogliamo negare l’utilità se non la necessità di superare l’attuale regime multilingue dell’Unione europea, sosteniamo però che ciò non può e non deve avvenire illegalmente, con colpi di mano progressivi come quelli portati avanti in ossequio a popoli come quello inglese che ha asservito almeno due degli Stati dell’attuale Unione europea (ci sarebbe da trovare una giustificazione in nome della Democrazia al fatto che la Gran Bretagna possegga ancora Gibilterra in territorio spagnolo) avversario dei popoli riuniti nell’Unione europea e della stessa Unione europea avendo un progetto avversario ad essa: quello della Global Britain[ix].

Se il Consiglio intende continuare ad assicura il monopolio straniero ed avverso alla stessa Ue nella comunicazione linguistica comunitaria, deve essere cosciente che ciò ha ed avrà come esito esattamente quanto già Winston Churchill – in dialogo con Roosevelt – auspicava attraverso la dominazione linguistica inglese «Il potere di dominare la lingua di un popolo offre guadagni di gran lunga superiori che non il togliergli province e territori o schiacciarlo con lo sfruttamento» https://youtu.be/OHs3Lo4Gq4A e l’inevitabile annessione passiva dell’intera Europa allo spazio economico anglo-statunitense come, peraltro, già constatabile dal fatto che l’Ue non ha promosso alcuna Google o Amazon europea, sistemi operativi per computer e cellulari che siano europei… nonostante superi in popolazione di oltre 100 milioni di persone gli stessi USA: a conferma che la cessione di sovranità linguistica europea agli Anglo offre loro “guadagni di gran lunga superiori che non il toglierci i territori o schiacciarci con lo sfruttamento”.

Deferenti  saluti, Giorgio Kadmo Pagano
(Il Segretario generale ERA)

______________________
[i] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:01958R0001-20130701
[ii] https://youtu.be/5wvWFH0Pp7Q
[iii] https://www.standard.co.uk/news/londoners-diary/londoner-s-diary-signor-monti-wants-the-eu-to-steal-english-a3697291.html
[iv] Mario Monti: EU should adopt English post Brexit
https://www.politico.eu/article/brexit-mario-monti-eu-should-adopt-english/
[v] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2022-003095-ASW_IT.html
[vi] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A01958R0001-20130701&qid=1679051255923
[vii] Articolo 265 TFUE (ex articolo 232 del TCE): “Qualora, in violazione dei trattati, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione o la Banca centrale europea si astengano dal pronunciarsi, gli Stati membri e le altre istituzioni dell’Unione possono adire la Corte di giustizia dell’Unione europea per far constatare tale violazione. Il presente articolo si applica, alle stesse condizioni, agli organi e organismi dell’Unione che si astengano dal pronunciarsi.
Il ricorso è ricevibile soltanto quando l’istituzione, l’organo o l’organismo in causa siano stati preventivamente richiesti di agire. Se, allo scadere di un termine di due mesi da tale richiesta, l’istituzione, l’organo o l’organismo non hanno preso posizione, il ricorso può essere proposto entro un nuovo termine di due mesi.
Ogni persona fisica o giuridica può adire la Corte alle condizioni stabilite dai commi precedenti per contestare ad una istituzione, organo o organismo dell’Unione di avere omesso di emanare nei suoi confronti un atto che non sia una raccomandazione o un parere.”
[viii] Regolamento n.920/2005 del Consiglio del 13 giugno 2005.
[ix] https://www.gov.uk/government/collections/global-britain-delivering-on-our-international-ambition

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